LE COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE A RISCHIO ESTINZIONE
Carlo Pisani
Professore Ordinario Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, n. 1, 2018
Il saggio muove dall’analisi della nuova disciplina delle collaborazioni organizzate dal committente per dimostrare che i poteri di eterorganizzazione ivi previsti non sono altro che una specificazione del potere direttivo e del potere di informazione tipici del rapporto di lavoro subordinato. Nella seconda parte del saggio si esamina la nuova nozione di coordinamento introdotta dall’art. 15 d. lgs. n. 81/2017 prospettando un’interpretazione coordinata con l’art. 2 d. lgs. n. 81/2015 al fine di evitare la scomparsa del lavoro coordinato quale fattispecie non interamente riconducibile al lavoro autonomo classico né a quello subordinato.
Sommario: 1.Le differenti opinioni interpretative e le relative implicazioni – 2. Il “potere” del committente di organizzare l’attività del collaboratore. – 3. Il potere di organizzare le modalità di esecuzione della prestazione, come potere di emanare direttive sulle mansioni. – 4. Il potere di organizzare anche i “tempi” delle modalità di esecuzione della prestazione, come potere di conformazione. – 5. La distinzione tra specificazione, determinazione e modificazione della prestazione lavorativa. – 6. La distinzione tra potere di conformazione e jus variandi.
1. Le differenti opzioni interpretative e le relative implicazioni
Gli interventi legislativi del 2015 (art. 2 d. lgs. n. 81/15) e del 2017 ( art. 15 l. n. 81/17 che ha novellato l’art. 409, n. 3 cod. proc. civ.) riguardanti i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa pongono una serie di interrogativi soprattutto se si intende procedere ad una doverosa lettura coerente e sistematica delle due nuove norme, tra loro, e inevitabilmente anche con l’art. 2094 cod. civ.
Occorre infatti verificare se e in che termini le suddette disposizioni modifichino gli assetti interpretativi, pur sempre oggetto di animato dibattito, ai quali dottrina e giurisprudenza erano pervenute in materia di distinzione tra lavoro subordinato, lavoro coordinato e continuativo e prestazione d’opera classica ex art. 2222 cod. civ.
Al riguardo, innanzitutto ritornano prepotentemente di attualità le riflessioni sui contenuti del potere direttivo del datore di lavoro, per confrontarli con la posizione giuridica attiva del committente ai sensi dell’art. 2 d. lgs. n. 81/15. Quest’ultima disposizione deve, a sua volta, essere poi raffrontata con la nozione normativa di coordinamento introdotta dall’art. 15 l. n. 81/17 al fine di capire in che misura possano ancora essere configurabili rapporti di collaborazione coordinata e continuativa come una sorta di tertium genus tra lavoro subordinato e contratto di lavoro autonomo “puro” o se, invece, occorre sancirne l’estinzione.
Il punto di partenza di questa analisi passa inevitabilmente dalla soluzione del problema interpretativo principale che pone l’art. 2, d. lgs. n. 81/15, e cioè se e come si differenzia l’eterodirezione tipica del rapporto di lavoro subordinato con l’eterorganizzazione prevista da tale norma.
Non a caso le divergenze emerse sulla natura e funzione di tale norma – se essa contenga un indicatore legale della natura effettivamente subordinata della prestazione lavorativa[1], o una presunzione di assoluta subordinazione[2] o relativa[3] o comunque una positivizzazione di alcuni indici elaborati dalla giurisprudenza per la qualificazione del rapporto di lavoro subordinato[4]; ovvero, al contrario, se la norma si applichi a rapporti che sono di lavoro autonomo, sia pure coordinato e continuativo ma che non siano caratterizzati dal vincolo della subordinazione[5] – scaturiscono essenzialmente dalle differenti opinioni a proposito del contenuto e dell’ampiezza del potere del committente di organizzare le modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro del collaboratore anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, come recita l’art. 2, comma 1, d. lgs. n. 81/15[6].
Una parte della dottrina identifica tale potere proprio con quello direttivo, inteso quale espressione sintetico riassuntiva per designare alcune posizioni giuridiche attive del datore di lavoro, tipiche del rapporto di lavoro subordinato, come desumibili dal combinato disposto dagli artt. 2094 e 2104, comma 2, cod. civ.[7]
Sviluppando questo, condivisibile, ordine di idee, si può anzi ritenere che qui il legislatore abbia esplicitato i contenuti di tale potere nella loro modalità più estesa, finendo quindi per recepire la concezione giurisprudenziale più rigorosa di subordinazione[8].
È stata così sconfessato l’orientamento giurisprudenziale di tipo “espansivo” il quale, invece, si accontenta di molto meno rispetto a quanto prescritto dall’art. 2, ritenendo sufficiente, per accertare l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, soprattutto nei casi di c.d. subordinazione attenuata, l’esistenza anche solo di un paio dei c.d. elementi secondari o indizianti, tipo l’orario fisso di lavoro o il compenso mensile fisso[9].
Del resto questo orientamento era stato ormai apertamente superato anche da due recenti pronunce. La prima, della Corte Costituzionale 7 maggio 2015, n. 76[10], laddove ha escluso che può essere ritenuto decisivo ai fini della subordinazione l’obbligo di attenersi alle direttive di natura eminentemente tecnica, che non si pongono in contraddizione con l’autonomia delle prestazioni d’opera; così come la determinazione dei turni, la vigilanza esercitata sull’operato del collaboratore, l’obbligo di comunicare i giorni d’assenza, che costituiscono modalità con le quali si estrinseca il necessario coordinamento con l’attività del committente; ciò in quanto, sempre secondo la Corte Costituzionale, il potere direttivo, pur nelle multiformi manifestazioni che presenta in concreto a seconda del contesto in cui si esplica e delle diverse professionalità coinvolte, si sostanzia nell’emanazione di ordini specifici inerenti alla particolare attività svolta e diversi dalle direttive di ordine generale, in una direzione assidua e cogente in una vigilanza e in un controllo costanti, in un’ingerenza idonea a svilire l’autonomia del lavoratore; sicché tali elementi caratteristici del potere direttivo non possano sbiadire in mero coordinamento.
La seconda conferma dell’interpretazione più rigorosa del potere direttivo tipico della subordinazione è ricavabile a contrario dalle recenti Sezioni Unite n. 1545/2017[11], le quali, nell’escludere che gli amministratori di società siano lavoratori autonomi parasubordinati, hanno precisato che il coordinamento tipico di tali rapporti, che quindi esclude la subordinazione, per “opinione unanime, condivisa da dottrina e giurisprudenza”, deve essere inteso in senso verticale, ossia deve rappresentarsi come una situazione per cui il prestatore d’opera parasubordinata è soggetto ad un coordinamento che fa capo ad altri, in un rapporto che deve presentare connotati simili a quelli del rapporto gerarchico propriamente subordinato. In altre parole l’attività coordinata è sinonimo di attività in qualche misura etero diretta o. comunque, soggetta ad ingenerare direttive altrui.
Sicché, l’art. 2 d. lgs. n. 81/2015 risulta di scarsa rilevanza[12]. Potrebbe tutt’al più assolvere la funzione di superare l’ostacolo, per il riconoscimento della subordinazione, costituito dalla volontà negoziale “cartacea” espressa in termini di contratto di lavoro autonomo parasubordinato dalle parti che poi invece attuano il rapporto con le modalità previste dal comma 1. In questo senso depone il primo “anche” di tale norma, laddove inteso come riferito a rapporti che le parti hanno formalmente qualificato di “collaborazione” invece che di lavoro subordinato. Funzione, questa, abbastanza marginale, considerato che la volontà negoziale è comunque quella desumibile dal comportamento concludente delle parti nell’attuazione del rapporto. Tuttavia, anche di recente la giurisprudenza, ai fini della qualificazione del rapporto, ha mostrato una tendenza alla rivalutazione di tale volontà[13]. La norma dovrebbe quindi fugare ogni dubbio sul fatto che trovi comunque applicazione la disciplina del rapporto di lavoro subordinato “anche” nel caso in cui le parti abbiano stipulato un contratto di collaborazione, ove ricorrano i requisiti previsti dal comma 1, dell’art. 2.
L’art. 2, co. 1, così interpretato potrebbe anche avere l’effetto, per così dire indiretto, di portare ad un ripensamento, o ad un ridimensionamento, degli orientamenti giurisprudenziali più estensivi relativi alla subordinazione attenuata o comunque che hanno eccessivamente rivalutato i c.d. indici secondari o presuntivi fino a farli assurgere a elementi costitutivi dell’art. 2094 in sostituzione dell’eterodirezione della prestazione[14], salvo quanto si dirà a proposito dell’art. 15, l. n. 81/17 (par. 8).
Va anche precisato, per completezza, che dalla suddetta interpretazione del comma 1 dell’art. 2 potrebbero scaturire problemi di costituzionalità alla luce della teoria della indisponibilità del tipo, relativamente alla deroga alla applicazione della disciplina del lavoro subordinato prevista dal comma 2 della medesima norma[15].
Altra parte della dottrina, invece, ritiene che quella norma richieda qualcosa di meno quantitativamente, e/o di diverso qualitativamente, dal potere direttivo tipico della subordinazione, collocandosi pur sempre nell’ambito del coordinamento caratterizzante il rapporto c.d. parasubordinato di cui all’art. 409, co. 3, c.p.c.; salvo poi dividersi tra chi ritiene che la norma abbia introdotto un’altra categoria di lavoro parasubordinato, contraddistinta dal requisito della eterorganizzazione, da tenere distinto, da un lato, dal potere direttivo, e, dall’altro, dal potere di coordinamento di cui all’art. 409, n. 3[16], e chi invece sostiene che la norma, al fine di reprimere elusioni e frodi, stabilisca una “equivalenza” tra fattispecie di lavoro subordinato e fattispecie di lavoro coordinato a condizione che questa seconda sia caratterizzata dal coordinamento da parte del committente anche dei tempi e dei luoghi di lavoro[17].
Seguendo questa seconda ricostruzione, la norma dovrebbe dunque consentire di “conquistare” l’apparato protettivo predisposto per il lavoro subordinato anche a chi non ne avrebbe avuto diritto in base agli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 2094 cod. civ., neppure alla luce della pur blanda interpretazione che parte dalla giurisprudenza ha elaborato a proposito della c.d. subordinazione attenuata.
Tuttavia, è lecito dubitare che, anche in questo ordine di idee, la norma possa assolvere alla finalità antifraudolenta[18]. Infatti essa non servirebbe ad estendere la disciplina del lavoro subordinato anche a rapporti “fittiziamente” qualificati come autonomi, sia pur coordinati e continuativi, in quanto quel risultato era già conseguibile invocando il solo art. 2094 cod. civ., soprattutto nella sua interpretazione giurisprudenziale più espansiva.
[1] E. GHERA, in AA. VV., Il lavoro parasubordinato organizzato dal committente, Colloqui giuridici sul lavoro, 2015, 50 e ss.; C. PISANI, ivi, 107; C. CESTER, ivi, 28 e ss.; P. TOSI, L’art. 2, comma 1, D. lgs. n. 81/2015: una norma apparente?, ADL, 2015, 1117 e ss.
[2] L. NOGLER, La subordinazione nel d. lgs. n. 81/2015: alla ricerca dell’“autorità del punto di vista giuridico”, Working Papers CSDLE “Massimo D’Antona”, 267/2015, 19 e ss.
[3] M. TIRABOSCHI, Prima lettura del d. lgs. 81/15, ADAPT Labour Studies e-book series, 2015, 5.
[4] G. SANTORO PASSARELLI, I rapporti di collaborazione organizzati dal committente e le collaborazioni continuative e coordinate ex art. 409, n. 3, c.p.c., ADL, n. 6, 2015, 1146.
[5] A. PERULLI, Il Jobs Act degli autonomi, RIDL, 2017, 197; M. PERSIANI, Note sulla disciplina di alcune collaborazioni coordinate, ADL, n. 6, 2015, 1259 e ss.; M. MARAZZA, Collaborazioni organizzate e subordinazione: il problema del limite (qualitativo) di intensificazione del potere di istruzione, ADL, n. 6, 2016, 1169; R. PESSI, Il tipo contrattuale: autonomia e subordinazione dopo il Jobs Act, WP CSDLE “Massimo D’Antona”, n. 282, 2015, 11.
[6] Più in generale sul dibattito in dottrina i contributi in, cfr. AA. VV., Il lavoro parasubordinato organizzato dal committente, Colloqui giuridici sul lavoro, 2015.
[7] G. FERRARO, Collaborazioni organizzate dal committente, RIDL, 2016, II, 54-55, secondo cui il potere organizzativo a cui fa riferimento la norma “incide sulle modalità di adempimento della prestazione in termini abbastanza corrispondenti a quanto solitamente avviene con il lavoro subordinato; P. TOSI, L’art. 2 cit.,, 4; L. NOGLER, La subordinazione cit., 19 e ss.; E. GHERA, in AA. VV., Il lavoro subordinato cit., 50 e ss.; G. SANTORO PASSARELLI, I rapporti cit., 1145, secondo cui “si può escludere qualsiasi autonomia del collaboratore nell’esecuzione della prestazione lavorativa”; C. CESTER, in AA. VV., Il lavoro subordinato cit., 28 e ss.; C. PISANI, ivi, 107.
[8] Cfr. ad esempio da ultimo, Cass. 21 luglio 2017, n. 18018, GL, 2017, n. 37, 30.
[9] Questo metodo giurisprudenziale, anche se non dichiarato, tende nella sostanza al superamento del metodo sussuntivo in favore di quello per approssimazione a tipologico, in quanto non va più alla ricerca della ricorrenza di tutti gli elementi espressi nella definizione normativa, con particolare riferimento a quelle concernenti l’eterodirezione della prestazione, ritenendo il più delle volte invece sufficiente qualche connotato presuntivo, forse neppure, grave preciso e concordante ex art. 2729 cod. civ.: cfr. ad esempio, Cass. 6 luglio 2017, n. 16681, GL, 2017, n. 34, 29; Cass. 23 maggio 2017, n. 12900; Cass. 10 aprile 2017, n. 9157, GL, 2017, n. 23.
[10] In Foro it., 2015, I, 61.
[11] Cass. S. U. 20 gennaio 2017, n. 1545, in Mass. giur. lav., 2017, 134.
[12] Tanto da definirla “norma apparente”, TOSI, L’art. 2, cit., 1117.
[13] Cfr. ad es. Cass. 20 luglio 2017, n. 17912, GL, 2017, n. 36, 47; Cass. 9 gennaio 2017, n. 206, GL, 2017, n. 15, 30; Cass. 2 aprile 2014, n. 7675, Foro it., 2014, I, 1760.
[14] Cfr. ad esempio, Cass. 6 luglio 2017, n. 16681, GL, 2017, n. 34, 29; Cass. 23 maggio 2017, n. 12900; Cass. 10 aprile 2017, n. 9157, GL, 2017, n. 23.
[15] A. PERULLI, Il Jobs Act cit., 197; M. MARAZZA, Collaborazioni cit., 1168.
[16] A. PERULLI, Il Jobs act cit., 197; M. MARAZZA, Collaborazioni cit., 1168; S. CIUCCIOVINO, Le collaborazioni organizzate dal committente nel confine tra autonomia e subordinazione, RIDL, 2016, I, 321.
[17] M. PERSIANI, Note cit., 1261; A. ZOPPOLI, La collaborazione eterorganizzata: fattispecie e disciplina, DLM, n. 1, 2016, 33.