L’AMBITO DEL REPĔCHAGE ALLA LUCE DEL NUOVO ART. 2103 COD. CIV.
Carlo Pisani – Prof. ord. di Diritto del Lavoro nell’Università di Roma “Tor Vergata”
in ADL – Argomenti di diritto del lavoro n. 3/2016
Sommario: 1. L’ampliamento giurisprudenziale del repêchage. – 2. Ambito del repêchage e formazione. – 3. Repêchage e assegnazione a mansioni inferiori. – 4. Esclusione dell’extrema ratio per l’adibizione a mansioni inferiori.
1. In tema di repêchage del lavoratore nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo si assiste da qualche tempo ad orientamenti della Cassazione particolarmente creativi diretti ad ampliare la gamma delle possibili alternative al licenziamento che il datore ha l’onere di dimostrare di non poter praticare.
Altro aspetto che genera notevole incertezza è la delimitazione dell’arco temporale, ante e post licenziamento, entro il quale il datore deve fornire la prova che non esistevano mansioni alternative libere a cui adibire il lavoratore.
Anche per quanto riguarda l’onere della prova gravante sul datore di lavoro, vi è stata recentemente una pronuncia tendente a renderlo più difficoltoso, avendo negato che questo sorga solo in relazione alle posizioni libere indicate dal lavoratore[1], peraltro subito dopo contrastata da altra contraria, che ha ribadito l’orientamento maggioritario secondo cui è onere del lavoratore allegare l’esistenza di altri posti liberi nei quali egli poteva essere utilmente ricollocato[2].
Lo “strappo” più rilevante si è avuto con le sentenze che hanno esteso l’ambito del repêchage anche nelle mansioni inferiori e non solo a quelle equivalenti[3].
Una volta così aperta la strada, si è accesa la fantasia dei giudici di legittimità, i quali sono andati alla ricerca di altre possibili alternative al licenziamento. E così si è pensato: alla ricollocabilità del lavoratore anche presso società appartenenti allo stesso gruppo, magari utilizzando lo strumento del distacco[4]; oppure verso mansioni alle quali il dipendente può essere assegnato con un percorso di formazione, sia pure breve[5]; oppure ancora utilizzando il part-time[6].
Non è dato sapere se sia finita qui, o se in futuro la fantasia dei giudici ci riservi altre sorprese in questa direzione. Ma, facendo appello all’ironia, si potrebbe dire che è proprio questo il bello della “creatività”, e cioè questa sua imprevedibilità che rende la vita meno monotona. Peccato però che qui vi sia un “piccolo” dettaglio: questa attività creativa non si riversa nel mondo dell’estetica, ma in quello del diritto, dove l’esistenza di regole giuridiche impedisce che essa diventi arbitrarietà[7] e che si trasformi nel “principio nichilistico del tutto è permesso”[8].
[1] Cass. 22 marzo 2016, n. 5592, in Guida Lav., 2016, pag. 48, di prossima pubblicazione anche in Giurisprudenza Italiana, con nota di Persiani, Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e obbligo di repêchage.
[2] Cass. 11 maggio 2016, n. 9467, in Guida Lav., 2016, n. 25, pag. 17
[3] Cass. 13 agosto 2008, n. 21579, in questa rivista, 2009, 159, con nota di Pisani, Il licenziamento impossibile: ora anche l’obbligo di modificare il contratto; Cass. 12 luglio 2012, n. 11775, in Guida Lav., n. 36, pag. 36; Cass. 1° luglio 2011, n. 14517, ivi, n. 35, pag. 58.
[4] Cass. 8 marzo 2012, n. 3629 in Guida Lav., n. 14, pag. 18; Cass. 8 agosto 2011, n. 17086, in Mass. Giur. lav., 2012, pag. 479.
[5] Cass. 14 novembre 2011, n. 23807 in Arg. Dir. Lav., 2012, pag. 1018 con nota di Bonacci, Licenziamento per giustificato motivo oggettivo ed obbligo di riqualificazione del lavoratore.
[6] Cass. 6 luglio 2012, n. 11402, in Mass. Giur. lav., 2012, 876, n. 52.
[7] Cfr. V. Nuzzo, La norma oltre la legge, Napoli, 2012, pag. 9.