La violazione dell’obbligo di repêchage dopo le «riforme» della Corte costituzionale: tutela solo indennitaria se è accertata la soppressione del posto
CARLO PISANI
Professore Ordinario di diritto del lavoro nell’Università di Roma Tor Vergata
RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL LAVORO, 1 2023
SOMMARIO: 1. Gli incipienti orientamenti giurisprudenziali che amplificano gli effetti delle pronunce della Consulta sulla residualità della tutela indennitaria nel licenziamento per motivi oggettivi. Critica. — 2. Sulla necessità della ridefinizione della nozione di insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per motivo oggettivo. — 3. Lo “spazio” lasciato dalla sentenza n. 125 della Consulta per la diversificazione delle tutele in base alla gravità del vizio del licenziamento. — 4. La ridefinizione della nozione di insussistenza del «fatto posto a base del licenziamento». — 5. La diversificazione rimediale come ragionevole bilanciamento negli aspetti applicativi.
Riassunto. Il saggio esamina la conseguenza sul piano delle tutele delle pronunce della Corte costituzionale che hanno reintrodotto l’obbligo della reintegrazione anche in caso di insussistenza non manifesta del fatto posto a base del licenziamento per motivi oggettivi. Vengono criticate le prime pronunce della Cassazione che hanno applicato la reintegrazione anche nel caso in cui il datore di lavoro aveva fornito la prova della effettiva soppressione del posto. In questa situazione, per evitare una serie di disarmonie anche sistematiche, si sostiene che sia più coerente con la ratio del nuovo art. 18 St. lav., ritenere che il riferimento al fatto posto a base del licenziamento, contenuto nel comma 7, rientri nella nozione di insussistenza della soppressione del posto, con conseguente applicabilità della tutela della reintegrazione, mentre la mancata prova dell’impossibilità del repêchage sia sussumibile nella fattispecie della mancanza degli «estremi» del giustificato motivo oggettivo, a cui sempre il comma 7, collega la tutela indennitaria. A favore di questa soluzione interpretativa, oltre alla finalità della riforma, vi è anche il dato letterale delle suddette disposizioni sanzionatorie che appunto distinguono tra «fatto» ed «estremi»; anche la sentenza n. 125/2022 della Corte costituzionale sembra lasciare uno spazio in tal senso laddove afferma che l’insussistenza del fatto vale a circoscrivere la reintegrazione e i vizi più gravi; a ciò si deve aggiungere la difficoltà, se non l’impossibilità, di attuare un ordine di reintegrazione in un posto la cui soppressione è stata accertata giudizialmente, che fa propendere per l’applicazione indennitaria come soluzione più equilibrata anche dal punto di vista del bilanciamento degli opposti interessi.