Con la sentenza n. 44 del 19 marzo 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità dell’art. 1, co. 3, del d.lgs. 23/2015, in relazione agli artt. 76 e 77 co. 1 Cost, sollevata nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione di un licenziamento intimato per motivo oggettivo a luglio 2022.
In particolare, il giudice rimettente dubitava della costituzionalità della disposizione censurata, rispetto alla legge delega n. 183/2014 (c.d. Jobs Act), nella parte in cui prevede l’applicazione del regime delle tutele crescenti ai lavoratori assunti da imprese di piccole dimensioni prima del 7 marzo 2015, e che successivamente a tale data avessero superato la soglia dei 15 dipendenti.
Ciò in quanto, secondo il giudice a quo, la logica del doppio binario a cui si ispira il d.lgs. 23/2015, è quella secondo cui i lavoratori in servizio prima del 7 marzo 2015, che già beneficiavano della tutela reintegratoria ex art. 18 Stat. lav., hanno diritto a conservarla anche in caso di licenziamenti intimati dopo tale data, mentre il ridimensionamento della tutela reintegratoria avrebbe dovuto quindi riguardare solo le nuove assunzioni.
La Corte ha ritenuto infondate le questioni sollevate dal giudice rimettente sulla base delle seguenti argomentazioni.
La legge n. 183/2014 ha delegato il governo ad adottare un testo che avesse la finalità di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, contrastare la disoccupazione giovanile e superare il precariato delle varie forme contrattuali diverse dal contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Ai lavoratori già in servizio prima del 7 marzo 2015, alle dipendenze delle “piccole imprese”, non si applicava comunque la tutela reintegratoria, ma beneficiavano in caso di licenziamento illegittimo della sola tutela indennitaria prevista dall’art. 8, L. 604/66.
A ciò si aggiunga che al dipendente di datore di lavoro che superi la soglia dei 15 dipendenti dopo il 7 marzo 2015, si applica il regime più favorevole previsto dall’art. 3, d.lgs. 23/2015, rispetto al precedente dell’art.8. 604/1966; pertanto nella specie non sussiste alcuna regressione in pejus.
Peraltro questa scelta del legislatore risulta coerente anche con lo scopo perseguito dalla legge delega che mirava a non disincentivare le nuove assunzioni. Infatti, per il datore di lavoro di una piccola impresa, la prospettiva che, superata la soglia di 15 dipendenti dopo il 7 marzo 2015, possa usufruire di una disciplina dei licenziamenti complessivamente per lui più favorevole rispetto a quanto previsto dall’.art 18 Stat. lav., rappresenta uno stimolo nella crescita delle dimensioni aziendali.
Inoltre, la Corte ricorda come la disciplina dell’art. 18 stat. lav., destinata ai lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 da imprese “medio-grandi”, costituisca oramai un “regime ad esaurimento”, considerando i progressivi e fisiologici pensionamenti, per lasciar spazio, al d.lgs. 23/2015, quale regime ordinario.
Non va poi dimenticato che le differenze tra la disciplina dell’art.18 e quella del d.lgs. 23/2015, si sono ormai ulteriormente ridotte nella misura in cui è venuto meno l’automatismo del calcolo dell’indennizzo in caso di licenziamenti illegittimi intimati dal 7 marzo 2015, a seguito della sentenza della Corte cost. 194/2018.
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