IL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE: NOVITÀ LEGISLATIVE E GIURISPRUDENZIALI SUL REGIME SANZIONATORIO
Carlo Pisani
Prof. ord. dell’Università di Roma “Tor Vergata”
in Argomenti di diritto del lavoro n. 1/2015
Sommario: 1. Le novità. – 2. Il regime di tutela dell’art. 18 Stat. lav.: a) l’intervento chiarificatore della Cassazione, recepito nel decreto legislativo per i nuovi assunti. – 3. segue: b) … ma qualche problema resta: la distinzione tra fatto, inadempimento e notevole inadempimento. – 4. Il nuovo regime di tutela per i licenziamenti illegittimi. – 5. L’onere della prova dell’insussistenza del fatto materiale. – 6. Vizi formali e procedimentali: il nuovo decreto, non ripete gli errori del comma 6 dell’art. 18 Stat. lav. – 7. La distinzione tra “tardività – ingiustificatezza” e “tardività – vizio procedimentale”.
1. Gli ultimi due mesi del 2014 sono stati ricchi di novità per quanto riguarda la disciplina dei regimi sanzionatori del licenziamento ingiustificato. Abbiamo avuto, in rapida successione:
- la prima sentenza della Cassazione sul comma 4 dell’art. 18 Stat. lav. (quello modificato dalla legge n. 92/2012), pronunciatasi a favore della tesi del “fatto materiale” a proposito della fattispecie dell’ “insussistenza del fatto contestato”, che da diritto alla reintegrazione del lavoratore, distinguendola nettamente dalla qualificazione del fatto e quindi espungendo da essa ogni valutazione in ordine alla gravità del comportamento addebitato[1];
- la legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, che delega il Governo ad adottare decreti legislativi che, tra l’altro, per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, escludano la possibilità della reintegrazione per i licenziamenti economici, prevedendola soltanto per quelli nulli e discriminatori, nonché per “specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato” (art. 7, lett. c), sempre allo scopo di “rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro”;
- a tempo di record, il primo dei suddetti decreti legislativi, approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 24 dicembre 2014, che introduce, per gli assunti dopo il decreto, un nuovo regime sanzionatorio soprattutto per i licenziamenti ingiustificati, anche collettivi; il decreto è caratterizzato da una riduzione di tutele per tutti: per i dipendenti da datori di lavoro con i requisiti dimensionali dell’art. 18 Stat. lav., viene abolito il diritto alla reintegrazione sia per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, sia per quelli disciplinari, con la sola eccezione, quanto a questi ultimi, dell’ “insussistenza del fatto materiale” contestato al lavoratore, rispetto al quale “resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento”; l’altra ipotesi in cui è prevista la reintegrazione (oltre, ovviamente, ai licenziamenti vietati) è quella dell’ingiustificatezza per inesistente inidoneità fisica o psichica; per i datori di lavoro al di sotto della soglia dimensionale dell’art. 18 (quella che, prima della legge 92/2012 , era l’unico regime a tutela obbligatoria), viene operata una lieve riduzione della già bassa indennità prevista dall’art.8, legge n.604/66, fatta salva la misura di sei mensilità di retribuzione, che però diventa il tetto massimo, essendo stati eliminati gli scaglioni di dieci e quattordici mensilità.
Tra le riduzioni delle tutele va annoverata anche l’ecomiabile decisione di non applicare, ai licenziamenti dei nuovi assunti dopo il decreto, quel piccolo “mostro” processuale che va sotto il nome di rito “Fornero”. Pertanto per i nuovi assunti si ritorna al sistema precedente, nel senso che il lavoratore potrà esperire la procedura d’urgenza, prima o nel corso del giudizio di merito, facendo valere il periculum in mora. L’unico problema al riguardo potrebbe essere quello di un eccesso di delega poiché l’art. 7 della legge delega non menziona il processo, e quindi l’intervento del legislatore delegato in questa materia non rientrerebbe nell’oggetto e nei criteri direttivi della delega. Tuttavia, la complessità dei non pochi problemi applicativi che scaturiscono dal c. d. rito Fornero, e la conseguente situazione di diffusa incertezza su svariati aspetti delicati del processo, devono spingere l’interprete a ricercare nella ratio generale espressa nel comma 1 del suddetto art. 7, la coerenza con il fine ultimo perseguito dal legislatore delegante, che è quello, come si è visto, di incentivare le assunzioni anche attraverso una maggiore certezza per il datore di lavoro in materia di licenziamento, che, quindi, non può che coinvolgere anche la materia processuale.