DALL’EQUIVALENZA ALL’INQUADRAMENTO: I NUOVI LIMITI AI MUTAMENTI “ORIZZONTALI” DELLE MANSIONI
di Carlo Pisani,
Professore Ordinario di Diritto del Lavoro
Università di Roma “Tor Vergata”
in Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali, 2016, n. 149
Sommario: 1. La nuova regola generale per la mobilità orizzontale. – 2. Ampiezza e limiti del rinvio al contratto collettivo. – 3. La nuova disciplina e la professionalità del lavoratore. – 4. segue: lo scenario statico. – 5. segue: lo scenario dinamico. – 6. Il superamento del problema dell’eccesso di delega.
1. La nuova regola generale per la mobilità orizzontale. L’art. 3 del d. lgs. n. 81/2015 disciplina il “mutamento delle mansioni”, anche se la rubrica recita solo “Disciplina delle mansioni”. La norma, dunque, regola la vicenda modificativa del contenuto della prestazione oggetto del contratto di lavoro[1].
La disposizione senz’altro più importante, per i suoi risvolti applicativi, nonché più interessante e problematica, quella di cui al comma 1, ed in particolare l’ultima previsione di tale comma (“il lavoratore deve essere adibito … a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte”). Questa norma pone la regola generale per la mobilità c.d. orizzontale, alla quale fanno poi seguito, nei commi 2, 4 e 6, una serie di deroghe o eccezioni.
La novità di maggior rilievo è l’eliminazione del precetto legale dell’equivalenza e la sua sostituzione con la categoria e il livello di inquadramento.
In tal modo cambia radicalmente la tecnica normativa dell’apposizione dei limiti al mutamento delle mansioni: viene superato il modello basato sulla norma inderogabile a precetto generico, quale era l’equivalenza, e quindi il monopolio legale della disciplina dei limiti al mutamento delle mansioni, con tutti i connessi problemi di rigidità, uniformità regolativa e incertezza che ne derivavano. Viene adottata invece la tecnica del rinvio al contratto collettivo, anche se non integrale, come vedremo, secondo il modello della deregolazione contratta e controllata che sposta le tutele dal piano rigido della legge, al piano mobile della contrattazione collettiva[2].
Continua così l’azione riformatrice e adeguatrice dello Statuto dei lavoratori da parte del legislatore, che ha investito l’art. 18 Stat. lav., con il d. lgs. n. 23/2015, l’art. 2103 cod. civ., con il d. lgs. n. 81/2015, e, con il d. lgs. n. 151/2015, anche l’art. 4 Stat. lav.
In effetti questa azione riformatrice era indispensabile visto che lo Statuto risale a 45 anni fa e considerati i profondi cambiamenti avvenuti nel frattempo nel mondo del lavoro e non solo. Si può condividere o no il tipo di modifiche apportate, ma non credo si possa discutere sull’esigenza di un’azione riformatrice-adeguatrice.
Personalmente, già una trentina di anni fa, nella mia tesi di dottorato pubblicata su questa gloriosa rivista[3], scrivevo che le norme dello Statuto maggiormente in sofferenza al cospetto dell’innovazione tecnologica fossero l’art. 2103 cod. civ. sulle mansioni e l’art. 4 Stat. lav. sui controlli a distanza[4] e ne auspicavo la modifica nella direzione oggi accolta dal legislatore.
In effetti, con l’abolizione dell’equivalenza finisce tutto un mondo fatto soprattutto di cause di demansionamento, che avevano visto crescere in modo esponenziale il loro numero a partire dagli anni novanta del secolo scorso con una forsennata corsa verso la tutela risarcitoria, oltretutto rimessa anche per il quantum a soggettivi apprezzamenti dei singoli giudici.
Certo, finisce anche tutto un mondo fatto di libri e articoli sull’equivalenza, ma questo è il destino del giurista positivo, ben espresso dalla celebre frase dell’avvocato prussiano dell’800, Julius Hermann Von Kirchmann: “tre parole di rettifica del legislatore ed intere biblioteche diventano carta straccia”.
[1] Sia consentito citare, per la trattazione degli altri argomenti qui non affrontati riguardanti il nuovo art. 2103 cod. civ., Pisani, La nuova disciplina del mutamento delle mansioni, Torino, 2015.
[2] Cfr. per tutti, Giugni, Giuridificazione e deregolazione nel diritto del lavoro italiano, in Questa Rivista, 1986, p. 53.
[3] Pisani, Rapporto di lavoro e nuove tecnologie: le mansioni, 1988, n. 38, p. 293 e ss.