La conciliazione in sede di certificazione – Atti del convegno AIDLaSS per ricordare Gino Giugni a dieci anni dalla sua scomparsa
di Carlo Pisani
Professore Ordinario di diritto del lavoro Università di Roma Tor Vergata
in Quaderni di Argomenti di Diritto del Lavoro n. 17/2020
La composizione extragiudiziale delle controversie individuali e collettive di lavoro
Atti del convegno AIDLaSS per ricordare Gino Giugni a dieci anni dalla sua scomparsa
Roma 12 dicembre 2019
SOMMARIO: 1. La predilezione del nostro Maestro per la conciliazione stragiudiziale delle controversie. – 2. La fase di disposizione dei diritti e quella della disciplina del rapporto. – 3. L’ampliamento della funzione di conciliazione degli organi di certificazione: l’art. 31, comma 13, l. n. 183/10. – 4. segue: l’offerta di conciliazione ex art. 6, d. lgs. 23/15. – 5. segue: la procedura di stabilizzazione regolata dall’art. 54, d. lgs. 8/1/15. – 6. (segue): il patto di demansionamento ex art. 2103, comma 6, cod. civ. – 7. (segue): la certificazione dell’assenza dei requisiti di cui all’art. 2, comma 1, d. lgs. n. 81/15. – 8. La certificazione della volontà abdicativa del lavoratore. – 9. La funzione dispositiva della certificazione ex art. 82, d.lgs. n. 276/03. – 10. Il collegamento negoziale quale possibile peculiarità della conciliazione in sede di certificazione. – 11. L’invalidazione della conciliazione stipulata in sede di certificazione: la questione della volontà genuina del lavoratore.
1. La predilezione del nostro Maestro per la conciliazione stragiudiziale delle controversie.
Desidero complimentarmi con gli organizzatori di questa bella iniziativa anche per la scelta del tema del Convegno. Trovo infatti molto appropriato ricordare il nostro Maestro trattando della composizione stragiudiziale delle controversie individuali, quali tecniche deflative del contenzioso giudiziario, in quanto Gino Giugni non ha mai avuto grande simpatia per le cause in materia di lavoro, né a livello teorico, né di politica del diritto, né a livello personale.
A livello scientifico e di politica del diritto basti ricordare il suo saggio su “Giuridificazione e deregolazione nel diritto del lavoro italiano”, del 1989, in cui metteva in guardia nei confronti della accentuata discrezionalità giudiziaria, favorita dalle norme inderogabili a precetto generico, che considerava un elemento “patologico ed anomalo”, augurandosi un suo superamento, nel timore di sentenze in cui risultasse prevalente il distillato dell’ideologia del giudice dei suoi personali, quanto opinabili, convincimenti.
Oppure è sufficiente andare a rileggere l’ultimo capitolo del suo famoso “Introduzione allo studio dell’autonomia collettiva”, dedicato appunto alla giurisdizione privata intersindacale, in cui, all’interno del “suo” ordinamento intersindacale, avrebbero dovuto trovare spazio soluzioni stragiudiziali anche di gran parte delle controversie individuali.
Ad esempio, in quello scritto vengono richiamate e valorizzate le funzioni degli “organi tecnici”, istituiti dalla contrattazione collettiva, per la definizione degli elementi di fatto costitutivi delle controversie, come i Collegi tecnici per le qualifiche oppure quelli per i cottimi, investiti, scriveva Giugni, “a mo’ di periti estimatori, della mera cognizione di specifici elementi di fatto”.
Altro organismo citato da Giugni è quello delle Commissioni interpretative, la cui funzione, all’opposto degli organi tecnici, era quella circoscritta al giudizio giuridico o alla premessa maggiore del sillogismo giuridico.
Anche a livello personale non è un mistero che al nostro Maestro non gli fosse mai piaciuto fare l’avvocato, anche se non aveva avversioni integraliste contro la professione, a differenza invece di chi considerava il distacco dall’agone giudiziario come crisma di purezza scientifica; infatti Giugni si rendeva conto che, soprattutto nella nostra materia, così intrisa di fatto e di processo, la professione, se arginata, può aiutare lo studioso a capire i fenomeni reali che sottostanno alle questioni teoriche.
Il tema del nostro Convegno, non solo è adatto a ricordare il nostro Maestro, ma è anche in encomiabile e condivisibile controtendenza rispetto ai tempi che viviamo di “diritto liquido”, tra le cui caratteristiche vi è, oltre alla estrema provvisorietà delle sue proposizioni, anche l’esaltazione della funzione giudiziaria, tanto che si è parlato di una vera e propria “età della giurisdizione”, in cui viene enfatizzata l’attività creativa del singolo giudice, portato del modello decisorio assiologico.
Esempio paradigmatico di quella che è stata definita “la deriva pangiurisdizionalista”, è la sentenza della Corte costituzionale n. 194/18, la quale affida al giudice un potere molto ampio quanto alla determinazione dell’indennità per il licenziamento ingiustificato, foriero, secondo non pochi commentatori, non solo di incertezza, ma del rischio di diseguale trattamento di situazioni analoghe e, per contro, del trattamento uguale di situazioni diverse, tant’è vero che di questa sentenza è stata scritto che essa finisce per “tradire un’eccedenza del discorso politico sull’interpretazione costituzionale”.