Legittima la sospensionedel sanitario no-vax in attesa della comunicazione Asl
di Carlo Pisani
Professore ordinario di diritto del lavoro
Università degli Studi di Roma Tor Vergata
in Guida al Lavoro Numero 37 – 17 settembre 2021
Il Tribunale di Roma, in quattro ordinanze, si pronuncia per la legittimità della sospensione dell’operatore sanitario, dalla prestazione e dalla retribuzione, disposta dal datore di lavoro prima della comunicazione dell’atto di accertamento di inosservanza dell’obbligo vaccinale da parte delle ASL; ciò sul presupposto che la vaccinazione costituisca non solo un obbligo, ma anche un requisito essenziale per lo svolgimento di tali attività, e quindi anche un onere per il lavoratore, diventando in tal modo una misura, tipizzata dalla legge, per l’adempimento dell’obbligo di sicurezza ex art. 2087
Tribunale di Roma, ord. 22 agosto 2021, nn. 79844 e 79843
Tribunale di Roma, ord. 20 agosto 2021, nn. 79833 e 79834
Le quattro pronunce in esame del Tribunale di Roma hanno rigettato i ricorsi in via di urgenza proposti da operatori sanitari che avevano rifiutato il vaccino e che quindi erano stati sospesi in attesa dell’invio da parte delle Asl dell’atto di accertamento dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale. Le ordinanze si inseriscono in una giurisprudenza di merito che ormai può definirsi consolidata in tal senso[1], e si segnalano per la puntualità e la chiarezza con cui ribadiscono alcuni principi in materia.
È importante sottolineare che le sospensioni ritenute legittime dal giudice erano state disposte dal datore di lavoro dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 44/2021, ma in assenza della comunicazione da parte della Asl dell’accertamento dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale e quindi nonostante che non fosse terminata la farraginosa proceduta ivi prevista dall’art. 4 di tale decreto.
La rilevanza di questo aspetto è quanto mai attuale in ragione del notevole ritardo delle Asl, molte delle quali, ancora oggi, a distanza di cinque mesi dall’entrata in vigore della legge, e nonostante che quest’ultima imponga loro di procedere entro cinque giorni o comunque “senza ritardo” (art. 5, comma 4), non stanno ancora trasmettendo ai datori di lavoro interessati – ospedali, case di cura, residenze per anziani, ecc. -, i nominativi dei lavoratori da sospendere, in assenza di mansioni alternative che non “implicano contatti interpersonali o comportano in qualsiasi altra forma il rischio di diffusione del contagio” (art. 4, comma 6, D.L. n. 44).
Si sta venendo così a determinare una sostanziale diffusa disapplicazione del D.L. n. 44/2021 (nel frattempo convertito nella legge 28 maggio 2021, n. 76), con la grave conseguenza che continuano a svolgere la loro prestazione lavorativa a contatto con pazienti fragili operatori sanitari non vaccinati e perciò privi, ai sensi di legge, di un requisito “essenziale” per la loro attività. Purtroppo si tratta di un fallimento annunciato a causa della procedura ivi stabilita, che è quanto di più farraginoso si potesse concepire.
Sicché il datore di lavoro, in questa situazione di ritardo, è costretto ad anticipare il provvedimento di sospensione. Non bisogna dimenticare, infatti, che il D.L. n. 44/2021, accanto all’introduzione dell’obbligo vaccinale per il suddetto personale, la cui previsione espressa si rendeva necessaria in attuazione della riserva di legge di cui all’art. 32, comma 2, Cost., sancisce, in aggiunta, che tale copertura vaccinale è un vero e proprio requisito essenziale “al fine di tutelare la salute pubblica e di mantenere adeguate misure di sicurezza nella erogazione di tali prestazioni”. La temporaneità, per ora, fino al 31 dicembre 2021, di tale requisito, non ne fa venir meno sua essenzialità, con la conseguenza che oggi, ad esempio, il medico non vaccinato che cura i pazienti in un ospedale è come se fosse privo della laurea.
Uno stesso fatto, l’essersi sottoposto a profilassi vaccinale, integra, dunque, sia la fattispecie dell’obbligo, sia quella del requisito essenziale della prestazione, venendo così a configurare anche un onere per l’operatore sanitario[2]; quest’ultima qualificazione, spesso sottovalutata nel dibattito in argomento, è stata invece ben colta dalle ordinanze in commento.
Il suddetto distinguo fa capire anche perché, se per l’accertamento dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale occorre attendere le lungaggini burocratiche delle ASL nell’emettere il relativo atto, invece, per la mancanza del requisito essenziale per lo svolgimento della prestazione lavorativa, non occorre aspettare la conclusione di tale procedura in quanto esso è carente fin da subito con l’entrata in vigore della norma, essendo legato al fatto oggettivo della mancanza della copertura vaccinale e quindi dell’alto pericolo di contagio per sé e per gli altri, che non viene meno ovviamente per il ritardo della burocrazia.